Una volta era cotto sulla brace (la “brasca” da cui deriva il nome). E’ un prodotto PAT, semplice ma ricco di tradizione.
Descrizione:
Informazioni:
Farina, lievito di birra, uova, uvetta, canditi, zucchero, burro, miele
La storia della resta comasca (dal latino arista, indicante sia la lisca del pesce sia la resta del grano) comincia in una taverna comasca dei primi anni dell’Ottocento. Il proprietario dell’Osteria del Pescatore, di nome Michele, nel giorno del suo onomastico usava offrire il pranzo ai clienti. A chiudere piacevolmente il pasto, arrivava un pandolce arricchito di canditi e uvetta, versione “sontuosa”, secondo i criteri della cucina popolare del tempo, del pane di tutti i giorni.
Un bel giorno, però, durante la preparazione del dolce, il lievito fu aggiunto per errore in dosi eccessive, così che l’impasto cominciò a crescere a dismisura, traboccando dalla pentola. L’oste afferrò un bastoncino d’ulivo dalla legna destinata al fuoco e con esso premette sull’impasto perché non debordasse. Così, il bastoncino fu inglobato nella pasta; a quel punto l’oste recuperò l’impasto traboccato e lo distese nella fessura lasciata dal bastoncino sprofondato, con un coltello appianò l’impasto e vi praticò una serie di incisioni trasversali.
Questo dolce di Como – anche chiamato Resca – è diventato simbolo della città, preparato in particolare in occasione della Domenica delle Palme. La sua forma che ricorda la spiga del grano e quel rametto d’ulivo inavvertitamente finito nell’impasto ne fanno infatti un perfetto dolce di Pasqua, ideale metafora della rinascita primaverile e adatto per ricordare due elementi tipici del lago, la pesca e la coltivazione degli ulivi.
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