Tra tradizione e leggenda
Dai racconti contadini alle spiegazioni scientifiche, i “cerchi delle streghe” restano una delle meraviglie più affascinanti dei nostri boschi autunnali.
Per secoli, i contadini che trovavano un cerchio perfetto di funghi nel prato si chiedevano chi o cosa lo avesse tracciato.
La risposta era semplice, nel linguaggio del mito: le streghe.
Si credeva che in quelle radure, nelle notti di luna piena, danzassero in cerchio lasciando nel terreno il segno della loro presenza.
In alcune zone dell’Insubria si diceva che sedersi al centro del cerchio portasse sfortuna, in altre che al suo interno crescessero erbe “magiche”.
La micologia, però, racconta una storia altrettanto sorprendente.
Il “cerchio delle streghe” è la forma con cui cresce il micelio, la parte sotterranea del fungo composta da una rete di filamenti detti ife.
Ogni anno il micelio si espande verso l’esterno in modo uniforme, nutrendosi del terreno circostante.
Quando le condizioni sono ideali (umidità, temperatura, suolo ricco di sostanza organica), i carpofori — i funghi che vediamo — spuntano in anelli perfetti.
Nel tempo, l’interno del cerchio muore o si impoverisce, mentre il bordo esterno resta fertile, creando il disegno visibile.
Il fenomeno è universale: in Inghilterra li chiamano fairy rings (“cerchi delle fate”), in Germania Hexenringe, e in Svizzera Hexenkreise. Nell’arco alpino lombardo, invece, si parlava di “balle delle strìe” (danze delle streghe).
Ogni valle aveva la sua versione:
Nell’immaginario contadino, il bosco era uno spazio di soglia: non completamente domestico, ma neppure del tutto selvaggio. Un mondo a parte dove vivevano presenze, spiriti e fenomeni inspiegabili. Oggi la scienza ci spiega quasi tutto, ma resta la poesia del mistero: quel legame invisibile tra terra, funghi e immaginazione che fa parte dell’identità dell’Insubria.
Mito o biologia, poco importa. Camminando in un bosco dell’Insubria, può capitare di trovarsi davanti a un anello di funghi perfetto.
Forse è solo scienza. O forse — come diceva un vecchio micologo del Campo dei Fiori — “è il bosco che disegna da solo le sue geometrie segrete e che non rivela volentieri i suoi segreti”.
Le leggende e i proverbi citati derivano dalla tradizione orale insubrica e dai dialetti alpini lombardi e ticinesi, raccolti in studi linguistici e testimonianze locali.